Finirono per mangiarsi le labbra masticandosi vorticosamente
le salivose lingue. In bocca, le note fumose e barricate di un tabacco poco
umido, si mescolarono all’erbaceo sapore
di un chewing gum eccessivamente masticato ma che rilasciava ancora qualche
nota balsamica di pino marittimo.
Sul petto colavano timide gocce di salmastra rugiada umana,
che intrappolarono audacemente la fragranza agrumata di lime e le note floreali
del gelsomino, rilasciate ad intermittenza costante dalla pelle calda e eccitata.
I sedili intrappolarono le sagome dei
loro corpi sudati e incastrati
freneticamente, calcandone le scie biancastre sul tessuto nero.
Le mani intrise di liquidi corporei e di profumi confusi, rimasero
violentemente unite fino a quando il sole non si tuffò completamente nelle onde,
portandosi con sé fino all’ultimo gemito e affannoso respiro di un orgasmo
sapientemente compiuto.
Restarono abbracciati a lungo, dissetandosi con le gocce di
sudore posate sulle gote arrossite di entrambi, prima di scoppiare in una
timida risata di appagamento che precede l’imbarazzo della consapevolezza della
nudità, riproducendo la scena dell’ennesimo Peccato Originale consumatosi.
Si scambiarono dunque le ultime carezze con la promessa, forse
vana chissà, di rivedersi ancora per compiere di nuovo quel magico atto
animalesco e paradisiaco. Si rivestirono in fretta strecciando i vestiti
attorcigliati e contaminati, mentre le loro anime affrante dal doversi
dividere, imprecavano su una notte ancora giovane e su un cielo ancora quasi
totalmente privo di stelle.
Guardò l’orologio per confermare a se stesso di essere
palesemente in ritardo, anche se il calar della precoce tenebra glielo aveva già comunicato. “Ho uno staff
magnanimo, ho uno staff gentile e accomodante, ho uno staff comprensivo”,
recitava a mente Chef per distogliersi dal senso di colpa che lo stava
pervadendo dopo essersi reso conto di aver lasciato la cucina senza un capo
direttivo.
Corse a più non posso lungo la strada, quasi dimenticandosi di
respirare. Spalancò con foga animalesca la porta del ristorante raggiungendo
con fare felino lo spogliatoio. A volte solo uno sgabuzzino può salvarci dalle
malefatte: una stanza piccola e buia dove rimettere i nostri peccati di gola,
avendo giusto il tempo di una sistemata volante che riporti la nostra sconvolta
cera alla decenza.
Si tolse la maglietta sudata e con la carta asciugamani
tamponò il ruscello di sudore che gli colava veloce sulla schiena. Diede una
sciacquata al viso e infilò la casacca. Passò una mano tra i capelli arruffati
e pessimi, coprendo il tutto con il candido cappello bianco. Sfilò i pantaloni
e si accorse di non avere più gli slip. “Cazzo” mormorò tra sé e sé. Rimediò
con un bel pantalone nero che fortunatamente era rimasto sul ripiano più basso,
orfano di parte superiore. “Che gran colpo di fortuna”. Si coprì le trasparenze
con la parannanza ed uscì dallo stanzino, ancor più bagnato di come era entrato
ma fiero del suo restauro folle di tre minuti.
Ad attenderlo sul tagliere ancora illibato e candido, vi era
riposta una splendida forma di formaggio francese, dai contorni decisi e
perfetti. Prima di fare domande, la scrutò con stupore ed attenzione.
Forse di pasta pressata, poco stagionata. Forse un Comtè.
Odore genuino e dolce: una gradita sorpresa di qualche fornitore che voleva
accaparrarsi il mercato.
Continuò a non chiedere nulla. Afferrò il coltello tra le
mani, e con ferma decisione infilò la punta ben affilata nel latticino,
violandone la purezza ed i contorni. Accorgendosi della media durezza del
prodotto, invigorì la spinta della lama al suo interno, recidendo la crosta e
perforandone il cuore. Fece leva sul manico dell’arnese tagliente questa volta
spingendo di lato, modificandone la struttura e dividendo le due parti che
fecero scoprirne il contenuto.
Procedendo in maniera chirurgica ne ricavò un boccone che
spinse prontamente tra la bocca e il naso, utilizzando l’olfatto per sincerarsi
delle caratteristiche e della provenienza.
Quando la parte superiore delle falangi venne per prima a
contatto con le narici, la sua mente stupefatta fu pervasa da un terribile
senso di colpa. Il mento proteso verso il petto per accogliere il piacere del
nutrimento, si scostò con un movimento brusco quasi improvviso, costringendo il
capo a riprendere una posizione eretta.
Riportò le dita al naso e le annusò con maggior attenzione.
Scoprì allora che stavano nascondendo un grave e meraviglioso segreto: la
frenesia e la paura del ritardo avevano giocato un brutto scherzo tant’è che le
sue mani erano ancora sudicie e intrise di sesso.
Ma ora, quella che poteva essere una grave dimenticanza, si
stava rivelando un meraviglioso collasso sensoriale. Mentre stringeva quel
piccolo boccone di formaggio tra le dita, gli parve quasi di iniettarvi energia
calda, salina ed avvolgente che si nasconde dentro ad un amplesso. In quel
momento si sentì così fiero di non averlo fatto che non poté far altro che
accettare quel meraviglioso peccato, leccandosi le dita intrise di seme, e godere
dei riflessi gustativi che scaturivano dal connubio con quel meraviglioso
formaggio francese.
Reclamò a sé un Gin Tonic condito con qualche goccia di Angostura, e continuò a fare
l’amore col formaggio, non curandosi del Mondo che gli scorreva accanto e
cullandosi tra le onde sconfinate del sentimento egoista di un sogno di mezza
estate.
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